Chi è numero primo e chi invece no

Ho letto le prime pagine e ho pensato: “carino”.
Poi ho continuato a leggere.
Poi ho guardato la foto dell’autore, e la sua biografia. Ho continuato a leggere.
Poi ho riletto la biografia dell’autore un attimo e ho continuato a leggere.
Ho finito il libro e ho pensato “bravino”. Ma tutto lì.

Pensavo fosse la mia inevitabile invidia per qualsiasi coetaneo che sembri combinare qualcosa di più del mio livello autoimposto, per quel faccino che sicuramente piace negli ambienti universitari.
“Forse sono io, guarda tutte ste recensioni”.

La solitudine dei numeri primi non emoziona e delude man mano che si procede nella lettura. Lascia mediamente indifferenti, ecco tutto. Se è stato il vostro unico libro dell’estate mi spiace, ma è legittimo essere incuriositi da tanto bailamme pubblicitario e da un premio Strega.

E scusate se ho dovuto aspettare che una vocina fuori dal coro desse anche a me il coraggio di dirlo pubblicamente.

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Tornare. Quando Ulisse non c’entra, quando hai fatto tutto il possibile per rallentare sulla via di casa.
Ti sei guardato indietro sempre una volta in più del necessario, ma adesso sei a casa.

Casa non è necessariamente sempre il posto migliore, quando quello che davvero conta non ha bisogno di valigie per essere sempre con te.
Sì, dovevi stare lontano per un po’ per capirlo, per tornare a vedere quello che era lì davanti ai tuoi occhi, ovvio banale.

Un’isola così grande che è una terra, giornate senza tempo a cui ti sei abituato in fretta, a cui è l’istinto che ti spinge, come per un bisogno primario.
Posti che sanno di vicino e lontano, presente e passato allo stesso tempo. Odori nuovi, tanti colori. Vento.
E l’unica costante, unica cosa fissa sempre lì, a portata di sguardo.
Da poterla toccare tutte le volte che vuoi.

Tornare. Storcere il naso di fronte ad un lento ma inesorabile ritorno a gesti e cose che non potevi dimenticare così in fretta.

Sentirsi comunque meglio e pronti. Andiamo.