Voghera

Il luogo in cui sei nato e sei cresciuto, dove hai passato quegli anni così importanti per diventare adulto, ti rimane dentro che tu lo voglia o no.

Milanese da ormai molti anni, continuo a sentirmi vogherese, senza particolare orgoglio nè vergogna.
Per caso è successo che i miei genitori mi abbiano fatto nascere lì piuttosto che altrove e per caso lì sono stato per quasi 3/4 della mia vita.  Non ho merito nè colpa per essere vogherese piuttosto che altro. Penso quindi di riuscire a parlare della mia cittadina natale senza campanilismo o senza il disprezzo di tanti che lasciano la provincia per la città.

E’ un posto semplice, operoso ma allo stesso tempo sonnacchioso come tanti altri sparsi per la provincia, senza peculiarità che lo facciano risaltare.
E così per tanti Voghera è ancora la patria della famosa casalinga e al massimo ci aggiungono un commento educato sulla bellezza delle colline circostanti e sulla bontà dei vini della zona.

Una cittadina ideale per sua offerta di servizi, per le sue dimensioni a misura d’uomo, per la mancanza di traffico, la sua vicinanza alle montagne, al mare e a Milano, la mancanza di grossi problemi di sicurezza e così via dicendo.
Una provincia da manuale, dove il centro si desertifica quando i negozi chiudono e la domenica si va tutti al mega centro commerciale che ormai ha raggiunto le dimensioni di un paese oppure a mangiare il gelato nell’unica località turistica nel raggio di qualche chilometro.
Un posto dove i vogheresi sembrano non voler stare, ma dove invece rimangono ancorati e dove ritornano anche se la loro vita li porta altrove.

E così ecco che ieri sera ho scoperto che Voghera, dopo la sua paradigmatica casalinga, può diventare paradigma lei stessa nell’immaginario collettivo:

la vignetta di Stefano TartarottiLa striscia di Tartarotti è, come sempre, molto divertente.