Hai passato i trent’anni, i peli della barba imbiancano, eppure c’è ancora qualcosa capace di emozionarti e spaventarti, farti uscire dalla sala del teatro con il cuore che picchia contro le costole, lo stomaco ammaccato come se conservasse ancora l’impronta del pugno appena incassato.
La scena è velata da un telo nero, le luci non hanno mai la meglio sul buio pesto, possono solo lampeggiare per un attimo, illuminando cose che sarebbe meglio non vedere.
I mostri sono lì per Macbeth, popolano la sua solitudine notturna, disturbano il suo sonno, solleticano la sua coscienza e la sua ragione.
L’allestimento è superbo, scioccante. E’ gotico, nero come la coscienza dell’assassino, opprimente come le visioni che lo tormentano e che non ti fanno staccare gli occhi dal buio che regna sulla scena, dagli squarci di luci e dai suoni che sembrano davvero venire dall’inferno.
Shakespeare così emoziona più di un thriller, lo spettacolo cresce così bene che la sala è completamente ammutolita.
Non basta uscire a pedalare nell’aria fresca della sera, in mezzo alla luci dei soliti navigli per far passare l’emozione di uno spettacolo così perfetto.
Con questo Macbeth, al Teatro Libero fino al 21 luglio, la stagione di Invito a Teatro non poteva concludersi meglio.