Da un libro intitolato Matilde e i suoi tre padri mi aspetterei come minimo quattro personaggi: una donna, soprattutto e tre figure maschili forse un po’ meno delineate, ma con una netta influenza sull’evolversi della figura centrale del romanzo.
Invece, la prima pecca che si nota in questo nuovo romanzo di Emidio Clementi è la lacunosità attraverso la quale dobbiamo spingerci per cercare di capire quale possa essere il rapporto di causa/effetto nelle relazioni tra i personaggi.
In secondo luogo sono proprio i personaggi a latitare: il primo padre occupa, bene o male, la prima metà del romanzo, poi sparisce e riappare senza clamore e colpi di scena alla fine.
Le pagine dedicate alle altre figure maschili, che credo dovrebbero essere paterne per Matilde, calano di capitolo in capitolo. All’ultimo compagno della madre rimangono davvero pochi paragrafi e una descrizione striminzita, ma non pensate al minimalismo.
Il personaggio più misterioso è proprio Matilde, che rimane sullo sfondo del romanzo come una qualsiasi figura di contorno, senza quasi parlare, senza minimamente interferire nè apparentemente essere influenzata dalla trama.
La ritroviamo grandicella, senza aver capito come e perchè possa avere questo carattere perchè l’autore scrive in fretta, come un scolaro che si è dilungato troppo nella premessa del suo tema e si accorge ansioso che presto suonerà la campanella e dovrà concludere lo scritto.
Per buona parte del romanzo si legge in attesa: della scrittura potente ed evocativa a cui Clementi ci ha abituato e soprattutto che il romanzo entri nel vivo.
Vi ritroverete a sfogliare oltre l’ultima pagina chiedendovi se qualcuno non si sia divertito a strappare gli ultimi capitoli del libro.
Nutro per Emidio Clementi un’ammirazione ancora profonda, incisa nella memoria delle parole che recitava sopra la musica dei Massimo Volume, un’emozione vecchia ma non ancora esaurita.
Ho letto volentieri il suo precendente romanzo, forse perchè vi ho ritrovato tanto di quello che mi aspettavo.
Ho comprato Matilde e i suoi tre padri con fiducia e quella curiosità allegra che non sempre riesci a provare in libreria quando scegli un libro.
Sempre diffidente quando compro un romanzo, ho l’abitudine di leggere subito le prime righe, per saggiare almeno un po’ la scrittura. In questo sono ligio ai consigli di Stephen King, anche se il suo metro di giudizio che può essere applicato universalmente.
Il primo capitolo è una canzone dei Massimo Volume. In poche pagine ci sono i personaggi, i loro caratteri e qualche brandello di storia che non vedi l’ora di scoprire; impossibile non comprare.
Poi però tutto si annacqua, si perde. Forse Clementi paga l’eccessivo allontanamento dall’autobiografico e dal conosciuto, oppure la volontà più o meno consapevole di cambiamento, di sperimentazione che lo porta incautamento troppo lontano.
Non credo che sia già il caso di sentirsi irrimediabilmente delusi quando c’è ancora posto e tempo per una riconciliazione.
Al prossimo, Emidio. Da qualche parte c’è un’altra Matilde che aspetta con la sua storia.