Non scrivi più, ti dici.
Non scrivi più, ti dicono.
Non leggo più, non scrivo più non ascolto più: sono le tre scimmiette dei portachiavi da bancarella.
I bambini, la moglie, il lavoro, la casa: quando ne parli gli altri annuiscono automaticamente, ma non ascoltano nemmeno: sono frasi fatte che generano solo riflessi pavloviani.
E io corro, dormo poco, mangio male, corro, lavoro tanto, mi ammalo e non riposo, corro a scuola, corro a casa. C’è da fare, c’è da ricordarsi, bisogna andare.
Le riviste rimangono imbustate, i libri si impolverano sul comodino, fugurarsi mettere in fila un pensiero che sia più di 140 caratteri da mettere sul blog.
Poi mi ritrovo a passare momenti apparentemente infiniti a rimuovere la pastina da quasi ogni superficie della casa. Stelline tenaci e a lunga gittata, per quanto tu possa aver già pulito, ce n’è sempre una che sbuca.
Perchè un bambino di qualche mese mangia sì e no il 5% di quello che gli metti nel piatto, il resto è gioco, esperimenti e lanci.
E così, tra una stellina e l’altra, la noia della ripetizione fa sì che il cervello riparta, e che questi svegliandosi riesca a mettere in fila una sequenza di pensieri e frasi che più o meno è quello che ho appena scritto e qualcosa in più che mi tengo per me.
Devo provare col riso, domani.